Un piano di web marketing aziendale: sito internet e indicizzazione sui motori di ricerca (SEO)

Un piano di web marketing aziendale parte necessariamente con la realizzazione del sito web aziendale e la sua ottimizzazione, in chiave SEO, affinché venga indicizzato al meglio sui motori di ricerca. Ecco gli 11 fattori che ho tenuto in considerazione nella fase di realizzazione e di organizzazione di un sito aziendale, come primo step di un piano di web e social media marketing più completo.
  1. Denominazione e descrizione del sito sui motori di ricerca: Google, Yahoo, Altavista, Bing, ecc. Verificare l'associazione di esse alla keyword digitate e alle pagine del proprio sito risultanti.
  2. Keyword da utilizzare sul sito: attinenza all'attività svolta + volume di ricerca globale della parola su Google
  3. Evitare i contenuti in Flash, in quanto non indicizzabili
  4. Inserire le keywords anche nell'URL delle pagine interne
  5. Inserire i TAG
  6. Non dimenticarsi contenuti multimediali (video, foto, ecc), anche integrati nelle pagine (embedding)
  7. Molto importanti sono gli anchor text e i link, che devono contenere le keyword selezionate
  8. Contemplare menù aperti e mappa del sito
  9. Keyword evidenziate in grassetto
  10. Link dall'esterno: sono uno dei fattori più importanti, soprattutto se provengono da siti autorevoli (evitare gli scambi di link)
  11. Commenti e feed-back

Prossimamente ripercorreremo le prossime tappe di un piano di web e social media marketing aziendale.


Un saluto a tutti!

Consigli SEO per blogger: ottimizzare i contenuti

Cominciamo con una domanda: ha ancora senso ottimizzare i blog post per i motori di ricerca? La risposta è sì, ma non è così scontata.

Tutto inizia da un post del noto Copyblogger dal titolo SEO Copywriting is dead. Come al solito, il titolo è provocatorio, ma segnala comunque la fine del SEO copywriting tradizionale, basato per lo più sulle sole parole chiave e su passati metodi di funzionamento dei motori di ricerca.

Google: Android o umano?

Lo sappiamo, Google cerca di premiare i contenuti migliori, quindi per prima cosa occorre scrivere testi per gli esseri umani, non per i motori di ricerca. Occorre quindi che i contenuti siano di valore e ben leggibili, senza ripetere in maniera ossessiva le keyword. Questo potrebbe infatti portare ad una penalizzazione da parte di Google, che considererebbe la nostra pagina come una sorta di "webspam", ossia un tentativo di manipolare i risultati del motore di ricerca: una pratica classificata come keyword stuffing.

Le parole chiave (e la relative densità e prominenza) sono poi solo una parte dell'ottimizzazione SEO. Si può lavorare infatti su molti altri aspetti, tra cui:

- la qualità dei contenuti;
- l'ottimizzazione di eventuali contenuti non testuali;
- link e anchor text.

Meglio quindi scrivere per prima cosa buoni contenuti pensati per i lettori e solo alla fine utilizzare qualche accorgimento SEO. Kiesha Easley addirittura suggerisce di non cercare nemmeno di individuare subito le parole chiave del nostro post: solo quando è terminato possiamo utilizzare lo strumento per le parole chiave di Google per individuare quelle keyword da usare nel testo e nel titolo del post.

SEO per titoli e permalink

I consigli di Kiesha Easley sono originali anche per l'ottimizzazione dei titoli. Le keyword sono importanti per il titolo, ma anche questo deve essere scritto per i lettori: meglio quindi un titolo chiaro ed originale e che inviti gli utenti a leggere il post, piuttosto che un titolo troppo "forzato" sulle parole chiave. Se non possono essere inserite nel titolo, le keyword del titolo le possiamo quindi inserire nel permalink, ossia nell'url dell'articolo.

Quindi: prima i contenuti e poi l'ottimizzazione. E anche se gli accorgimenti SEO non ci danno risultati, possiamo prendere spunto da Google Analytics: troveremo sempre qualche particolare parola chiave a cui non avevamo mai pensato su cui lavorare e produrre contenuti semanticamente correlati.

Web 2.0 al servizio delle imprese

Qui puoi trovare la prima parte dell'articolo

Innanzitutto dovremo prendere in considerazione la nostra presenza su Facebook. Si dovrà quindi iniziare avendo bene in mente il genere di identità che vogliamo conferire alla nostra azienda e comunicarla all'esterno. Non dimentichiamoci che il web rappresenterà un crocevia essenziale soprattutto per la Brand reputation. Un altro obiettivo preliminare che il web consente di raggiungere con ottimi risultati è quello di instaurare rapporti diretti con i consumer attraverso i feedback ed i consigli che ci perverranno, comprese le critiche, e grazie all'assistenza, diretta ed indiretta, che i nostri clienti riceveranno, si pensi per quest'ultima ai forum organizzati dagli utenti. Sottovalutata ma in fase di espansione è la possibilità di B2B, di aprire partnership e collaborazioni con altre aziende. Per questo è determinante che l'azienda sia su su Linkedin, il social network professionale strutturato proprio per creare reti fra professionisti e fra imprese.

A questo punto sarà importante lavorare sui blog di settore, favorendo un word of mouth copioso e positivo, senza puntare sui propri prodotti e sulla promozione del proprio brand. In molte aziende stanno seguendo la strategia di affiancare al proprio sito, che assume la funzione di “organo istituzionale”, un blog, divulgativo e partecipativo, che non propone i propri prodotti ma che intende informare, condividere e far conoscere quel settore. E' quindi essenziale che il blog non venga avvertito come uno strumento aziendale di propaganda. Si veda per esempio il blog Capelli Da Vivere o il blog di Lago Arredamenti.

L'importanza di avere un blog di riferimento è anche data dalla sua facilità di inserimento all'interno dei processi di web and social media marketing, dal SEO e SEM al circuito di social media su cui possono essere condivisi i contenuti al circuito dei blog.

Un consistente sviluppo stanno evidenziando i Geo Social Network, quei social network che consentono la geolocalizzazione dell'utente, come per esempio Foursquare, Google Latitude e Locassa, ma anche lo stesso Buzz. Sapere dove sono i propri utenti può essere interessante, consentendo di targettizzare anche geograficamente il target. Soprattutto se sono da noi, nella nostra azienda, può essere fonte importante di pubblicità! Interessante in quest'ottica è premiare i clienti che hanno contribuito in maniera importante a migliorare o consolidare sul web la brand reputation.


Questi sono i 5 consigli utili per chi inizia per la prima volta una campagna di social media marketing:


1. Definire gli obiettivi, cioè cosa voglio ottenere dalla campagna: brand reputation, immagine, feedback, nuovi clienti, ecc

2. Scegliere i mezzi da utilizzare: Facebook, Linkedin, Twitter, blog, Flickr, Youtube ecc.

3. Definire la strategia da perseguire che dovrà tener conto delle caratteristiche di ciascun social media o blog, e dei contenuti si vorranno trasmettere su ciascuno di essi (sarebbe interessante inaugurare la propria campagna con un escamotage, es. una promozione, una discussione, un'iniziativa, ecc.)

4. Predisporre uno staff che monitori la campagna, aggiorni i contenuti e risponda alle domande. E' necessario seguire al meglio tutte le attività per non lasciar trapelare un senso di abbandono o frettolosità avvertito molto negativamente dall'utente.

5. Valutare i risultati ottenuti in termini di visibilità, di brand reputation, di nuovi contatti e di feedback ed effettuare una riflessione critica prima di mettere troppa carne al fuoco.

Alla prossime puntate in cui descriveremo una campagna su Facebook!

Sociologia di Twitter

Quanti sono gli utenti di Twitter? Da chi viene utilizzato? E per quali scopi? Qual è lo stato degli altri social media (Facebook, Myspace, LinkedIn, ecc.)?

Se ti sei posto tutte queste domande, troverai probabilmente risposta nel migliore lavoro in italiano disponibile in rete sull'argomento, ossia le slide prodotte da Davide Bennato, noto sociologo, ricercatore studioso dei social media, blogger.



Interessante come emerga il profilo degli utenti di Twitter e soprattutto l'uso che ne viene fatto: come strumento di condivisione informazioni e link, di ricerca di informazioni, ma anche di presenza sociale. Twitter insomma sarebbe un luogo in cui circolano le notizie, anche in maniera virale, ma che non funziona come un social network.

E infine, ho trovato interessanti un paio di dati su Twitter:

  • la sua crescita sembra rallentare (ma si tratta di dati del 2009);
  • una piccola percentuale di utenti (5%) è responsabile del 75% dei tweet.

Insomma, anche se  Twitter cresce come numero di utenti (iscritti), sembra che molti abbandonino lo strumento o comunque ne facciano un uso saltuario.

Per saperne di più: le statistiche segrete di Twitter

Il Social Media Marketing per le PMI


Partiamo da 3 domande e proviamo a rispondere a queste:

  • Qual è lo scenario in Italia relativamente all'utilizzo dei Social Media da parte delle PMI? 
  • Qual è il ROI, cioè il ritorno sull'investimento effettuato, che possono garantire i Social media? 
  • In che modo e con quali obiettivi devono essere usati i Social Media dalla PMI?

Rispondendo alla prima domanda, partiamo da qualche numero che ci consenta di entrare nel merito del mercato della rete in Italia.

  • 23,6 milioni sono gli utenti internet
  • 2,4 milioni sono lettori assidui di blog
  • 1,2 milioni di italiani hanno un blog

Una ricerca risalente a febbraio 2010 sostiene che ciascun italiano passi in media oltre 6 ore al mese sui social network. Questa indagine insieme all'esplosiva notizia del mese scorso che ha visto Facebook superare Google come numero di accessi settimanali (era già successo per i giornalieri) ci fa capire che l'attività degli utenti in rete sta cambiando. Alle tradizionali ricerche, di informazioni, musica, ecc. che comunque rimarranno un caposaldo dell'attività su Internet si sta infatti affiancando la socializzazione per mezzo della rete, la condivisione di esperienze ed informazioni e la ricerca di consigli in un'ottica pear to pear.

In questo panorama l'azienda che vuole affacciarsi alla rete deve avere ben chiare le regole esistenti, scritte ma soprattutto non scritte, per non compromettere ma rafforzare il proprio marchio. E' proprio quello di creare Brand Reputation uno degli obiettivi principali che ci si deve prefiggere nell'approccio al social media marketing.

Tornando alla socializzazione, Facebook, per esempio, annovera oltre 1.500.0000 iscritti solo in Italia. Da da settembre 2008 a febbraio 2009 possiamo considerare che la presenza sul Social network fosse limitata soprattutto ai cosiddetti fast mover del web, comunque quasi tutti compresi tra i 19 ed i 35 anni. Nell'ultimo anno soprattutto si sta registrando una forte crescita di over 35, fenomeno che consacra sempre di più il Social Network come punto di riferimento necessario per ogni politica di social media marketing.

Veniamo alla seconda domanda che ci eravamo posti in avvio. La ROI del Social Media Marketing, cioè il ritorno sull'investimento effettuato, è quantificabile, garantita e prevedibile? E se sì, giustifica il nostro investimento? Ed in che termini? Questo è un aspetto importante e che ancora divide gli esperti, sebbene tutti si trovino d'accordo nel sostenere che non è più possibile essere fuori dal web, e di conseguenza dalla gestione della comunicazione anche su questo media.

Pensiamo ai due emblematici casi di Mosaico Arredamenti e di John Ashfield che hanno snobbato il web e non ne hanno rispettato le regole pagandola cara in termini di Brand Reputation a causa proprio dei blog della rete. Per conoscere i casi e verificare la situazione si veda questo blog.

Per avere un punto di riferimento, che come sempre saranno gli States, riportiamo una ricerca dell'Università del Maryland pubblicata su http://growsmartbusiness.com.
Il 75% delle aziende USA hanno il loro profilo sui Social Network così da riuscire ad ottenere un identikit del 61% dei loro clienti. Il 57% usa Linkedin per fare business, realizzare partnership ed ampliare il proprio expertising. Il 47% si aspetta risultati da questa campagna di social media marketing.

A breve sarà pubblicata la seconda parte del post

Scritto da Leonardo Ricci 

Il prossimo business saranno le App per iPhone?

Iniziamo con qualche numero sulla distribuzione di iPhone nel mondo e in Italia:

Sono stati venduti 50 milioni di iPhone, 185.000 App (contro le 1000 circa di Nokia) e ci sono stati 4.000.000.000 di download di applicazioni. Solo in Italia si stima che siano stati venduti circa 600.000 iPhone. Il target va dai 20 ai 50 anni.

Ora la casa di Cupertino è pronta a lanciare per iPad e iPhone 3GS la versione 4.0 che prevede interessanti novità, soprattutto per la navigazione ed il mailing, prerogative essenziali per il mercato dei mobile, che nel 2013 si prevede supererà i PC per numero di accessi ad Internet. In questo video un riassunto del lungo discorso di Steve Jobs, dove emerge principalmente l'introduzione del multitasking, la grande novità di questa versione.



Non di minore importanza, non tanto per i possessori di iPhone, ma per chi con le App vuole fare business, è iAd, che si pone come competitor di Google nel settore dell'advertising on-line, sfruttando la possibilità che le applicazioni offrono di bypassare i generici browser per l'accesso ad Internet. Si può leggere qui un breve ed efficace riassunto dell'AGI.


Si prevedono pertanto, grazie ad Apple, grandi novità nel mondo di Internet con la discesa in campo dell'iPad e con gli importanti sviluppi del firware 4.0 per iPhone e iPad. Ci vengono in mente diverse domande:
  1. Adobe concentrerà i suoi sforzi su Flash Player attualmente non supportato da iPhone ed iPad?   Aggiornamento


  2. In caso contrario si svilupperà sempre più html 5?
  3. Come reagiranno i propietari dei browser con la crescita esponenziale delle App?

Ed in questo contesto importanti cambiamenti dovrebbero riguardare anche il mondo del lavoro e della formazione. Pensiamo ad iChat o ai canali privati di Twitter per chattare in contesti aziendali e sviluppare la comunicazione interna. Risulterà decisivo aggregare e quindi condividere attraverso il mobile più funzionalità, dalla chat all'agenda, dal calendario ai contatti, da brevi messaggi a servizi di eMeeting, da brevi presentazioni a documenti che consentano di formare i propri dipendenti oltre a comunicare.

Aggiornamento: anche le applicazioni per Facebook sono diventate un business sempre più importante, soprattutto nel settore dei giochi. Quello che ha limitato alcuni utenti dall'usare queste app è la facilità con cui oggi sia possibile rubare password facebook. Quello che conta, comunque, è il sucesso avuto dal "modello app": siano esse per iOS, Facebook, Android o Chrome, le applicazioni sono diventate un business ed un nuovo approccio alla soluzione dei problemi, anche nel settore della formazione.

Leonardo Ricci